Bollettino della Soprintendenza

25 soglia (st7) che collega vH a vY1 lascerebbe propendere per l’esistenza di un perimetrale, come chiusura del vano in quel punto, fin dalla genesi del complesso. L’abside m1 incornicia i resti di una piattaforma circolare (st1) realizzata in ciottoli spaccati e malta, interpretata come sostegno strutturale per un ipotetico labrum. Già Vitruvio indicò come tali elementi dovessero essere collocati fra la parete di fondo e il parapetto di esedre in modo da rendere agevole il passaggio ai frequentatori del calidarium. Era inoltre opportuno che essi fossero posti in prossimità di vetrate per permettere la ricezione della luce dall’alto e impedire agli utenti in attesa di fare ombra al labrum stesso. Lo spazio nell’abside o nell’esedra ospitante tale apprestamento prende il nome di «scholae labri».10 Sono noti casi di rinvenimenti di porzioni di labra, sia in situ, come quelli perfettamente conservati delle terme di Pompei, sia decontestualizzati come, ad esempio, il labrum dell’impianto militare di Novae11 o quello pertinente al complesso di Léon.12 I numerosi frammenti marmorei delle Terme del Foro, analizzati come specificato in seguito, non sembrano poter concorrere a descrivere l’aspetto di questa ipotetica vasca ma l’esistenza e la collocazione di st1 suggeriscono proprio che, almeno in corrispondenza di quest’esedra, fosse collocato un simile bacile, fruibile dai frequentatori del calidarium che potevano così rinfrescarsi attraverso l’acqua corrente in esso contenuta.13 Coevi a questa sala absidata sono il tepidarium Z, munito di ipocausto realizzato principalmente con pilae in laterizi, e gli ambienti non riscaldati vH, di incerta funzione, e i frigidaria vY1 e vY2. Sulla base dei rapporti stratigrafici tra le murature, intercettate in occasione delle ultime campagne di scavo effettuate tra il 1992 e il 1995, sembra poter essere ricondotto al periodo II anche vY3, un ambiente indagato solo parzialmente e, si suppone, dotato di una grande vasca, st17, che ne suggerisce l’interpretazione quale natatio del complesso (fig. 3). I lacerti di strutture intercettati consentono di descrivere l’aspetto della vasca: i perimetrali nord e sud sono realizzati in elementi litici e malta mentre il fondo e le pareti interne sono foderati da lastre di bardiglio, ancora conservate in situ. Interessante la presenza di alcuni gradini, in corrispondenza del muro nord, costituiti da laterizi, si ipotizza sesquipedali rettangolari, aventi la presumibile funzione di accesso alla piscina. Le indagini effettuate non hanno permesso di precisare il rapporto che intercorre tra vY3 e vY1 anche se il perimetrale che essi hanno in comune, m16, presenta due soglie, st13 e st14, che mettono in comunicazione questi vani. I numerosi frammenti di vetro piano, rinvenuti sia nell’area dei vani freddi sia in quella degli ambienti caldi,14 sono riconducibili alla presenza di vetrate che svolgevano la duplice funzione di garantire una buona illuminazione naturale e di contribuire al riscaldamento dell’impianto.15 L’elevata frequenza di attestazioni nella zona di vR potrebbe pertanto essere messa in relazione con l’esposizione a ovest e con la conseguente possibilità di captare la luce naturale il più a lungo possibile. Sono state identificate due tipologie di lastre, realizzate con tecniche differenti: quelle più spesse, di forma quadrangolare con gli angoli arrotondati, sono ottenute attraverso la colatura e la successiva stesura; quelle più sottili sono realizzate con la tecnica della soffiatura “a cilindro”.16 Le prime sono traslucide di colore verde-azzurro, le seconde oltre a essere di spessore inferiore, sono anche più trasparenti. I dati in nostro possesso non ci consentono di ricostruire il profilo e l’estensione delle vetrate, tuttavia possiamo avanzare alcune ipotesi sul sistema di installazione grazie ad alcuni frammenti lapidei forse interpretabili come parti di intelaiature.17 La tessitura muraria dei perimetrali degli ambienti del periodo II appare piuttosto omogenea: realizzati con elementi litici diversificati uniti con malta e posti in opera con un’apparecchiatura abbastanza regolare, questi muri sono caratterizzati da una larghezza media uniforme che, compresa tra 50 e 90 cm, sembra confermarne la realizzazione in un’unica soluzione, almeno per quanto concerne i vani non riscaldati. In merito invece alla progettazione del sistema di riscaldamento, descritto in seguito, è possibile ascrivere a questa fase due aperture voltate, st9 e st10, realizzate in m5, tra vI e vZ, presumibilmente funzionali alla circolazione dell’aria calda e, forse, anche all’ispezione degli ipocausti. In merito alle fonti di calore, è necessario sottolineare come la localizzazione del præfurnium originario sia incerta anche se è possibile che esso fosse ubicato nella porzione nord dell’impianto. In questa zona le prime indagini di fine 3. Area orientale dell’impianto, natatio Y3. (S.E. Zanelli)

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