27 Periodo III Nel corso di questa fase, il complesso termale è soggetto a consistenti opere di ampliamento. Sul fronte meridionale, a sud del tepidarium Z e in asse con esso, viene edificato un altro vano dotato di ipocausto, probabilmente un secondo tepidarium, vWU (blocco unitario formato da vW e vU); esso condivide con vZ i condotti st9 e st10 che, aperti in m5, garantiscono la circolazione dell’aria calda. Sul fronte occidentale, il complesso incrementa la sua articolazione planimetrica grazie all’aggiunta di vM: si tratta di un locale riscaldato di piccole dimensioni, dotato di alveus e comunicante con vWU tramite la soglia st22. Anche la pianta del caldarium I subisce delle modifiche: l’ambiente, adottando una soluzione formale che ne configura l’aspetto definitivo, si dota a est di un alveus (st5), inserito in una nuova abside (m3), chiamata dagli scopritori L, di diametro inferiore rispetto a quella occidentale già esistente e dotata di riscaldamento, come certifica la presenza di tubuli fittili lungo la parete (fig. 4). Non è inverosimile associare a questa fase edilizia anche il cantiere, ubicato a sud del tepidarium WU, di vN, sicuramente riscaldato, e di vO, caratterizzato da una vasca rettangolare (st34). Tali ambienti, rinvenuti durante gli scavi del XIX secolo, sono definiti in appoggio ai vani già esistenti. La pertinenza a un medesimo progetto edilizio degli ambienti costruiti durante il periodo III risulta evidente dall’impiego di una tecnica muraria mista che ben si distingue da quella adottata nelle strutture riferibili alla fase precedente: la tessitura degli elevati è articolata in filari non regolari di elementi litici e ciottoli alternati a orizzontamenti di laterizi, costituiti questi ultimi da una fila di sesquipedali rettangolari affiancati tra loro sul lato corto e da una seconda di tegole private dei propri margini (fig. 5). Il confronto tra le murature dei due periodi definisce quindi l’esistenza, nel medesimo complesso, di due tecniche costruttive caratterizzate dalla messa in opera di materiali diversi; ciò è evidenziato anche dagli spessori dei due apprestamenti, inferiore quello delle strutture del periodo III, maggiore quello rilevato per i muri associati al periodo II. Il complesso così potenziato, costituito da una serie di almeno tre nuovi locali riscaldati posti in sequenza, ha probabilmente richiesto la realizzazione di un nuovo præfurnium, destinato a incrementare il volume di aria calda da immettere nelle intercapedini pavimentali e parietali. Sono forse da mettere in relazione ad una fornace i resti strutturali (st35) collocati a ovest di vZ, che sfruttano il perimetrale occidentale (m4) del tepidarium come limite per la camera di combustione. Ulteriore evidenza delle alte temperature prodotte in questo settore dell’impianto è costituita da diverse tracce di rubefazione alla base di st35 sull’unica parete conservata di quello che sembra essere l’imbocco di un condotto, in corrispondenza di un taglio in m4, probabilmente funzionale all’immissione del calore nel vano. Per quanto riguarda questo periodo, come per quello precedente, non è possibile fornire una cronologia assoluta: appare ancora utile confrontare la nuova planimetria, specialmente l’aggiunta di vM, con modelli tipologici affini. Al contrario di quanto emerso in relazione al periodo II, questa nuova fase mette in luce significative rispondenze dell’impianto aostano con i complessi termali degli accampamenti stanziati presso le località del limes settentrionale continentale e in Britannia. Le cosiddette military baths23 rappresentano un prodotto dell’architettura militare che si forma su archetipi esclusivamente italici e che approda, tra la metà del I e il III secolo d.C., a nuove soluzioni progettuali, anche e soprattutto in funzione dei contesti culturali, territoriali e, non ultimo, climatici, propri delle località di stanza dei legionari inviati al confine. Questi complessi, sempre impostati sul modello più semplice di row-type, presentano evoluzioni planimetriche connotanti che suggeriscono un accostamento ipotetico con alcune scelte costruttive dell’impianto termale aostano del periodo III. In primo luogo l’articolazione del calidarium: lo schema planimetrico delle military baths si distingue infatti da quello delle terme italiche proprio per la presenza di una seconda abside, dotata di alveus e/o labrum. Un esempio sono i casi di Vindonissa, Mogontiacum, Aquincum, Isca Augusta e Aventicum.24 Vi è poi l’introduzione del sudatorium in posizione periferica rispetto al centro del complesso e avente accesso diretto da un tepidarium,25 nelle Terme del Foro riconosciuto in vM. Nell’evoluzione planimetrica dei complessi termali questo tipo di sala, una vera e propria sauna, subisce un processo di progressiva aggregazione al nucleo principale dell’impianto, attraverso fasi intermedie collocate tra la fine del I e il II secolo d.C. La definizione dei passaggi progressivi che caratterizzano tale aggregazione è complessa. Sono ben riconoscibili infatti una fase più antica in cui, nelle esperienze costruttive dell’Italia meridionale, il sudatorium è costituito da un corpo, spesso circolare, distaccato dal percorso assiale e una fase finale del percorso evolutivo in cui 5. Tepidarium WU, perimetrale ovest (m11): apparecchiatura muraria in elementi litici e laterizi. (T. De Tommaso)
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