28 esso è definitivamente inglobato tra calidarium e tepidarium. Tra questi due momenti si pone un periodo intermedio, il cui massimo sviluppo si registra nel II secolo d.C., durante il quale il sudatorium pare occupare la medesima posizione di vM: a lato degli ambienti riscaldati, a contatto diretto col tepidarium e impostato su pianta rettangolare. È dunque possibile suggerire come la trasformazione in chiave monumentale dell’impianto, caratterizzata dalla medesima tecnica edilizia e che vede la realizzazione di vM, possa essersi verificata forse tra II e III secolo d.C. Questi mutamenti architettonici riferibili al periodo III delle Terme del Foro non devono essere interpretati disgiunti dal coevo impianto e successivo sviluppo dell’altro articolato complesso termale pubblico, le Grandi Terme, ubicato nel settore occidentale della colonia.26 La restituzione planimetrica ipotizzata per questo impianto lo rende maggiormente affine alle terme cosiddette “imperiali”, grandi edifici connotati da schemi planimetrici simmetrici, gigantismo architettonico e maggiore complessità. Nel momento in cui l’impero vede emergere questo modello, lo schema originario degli impianti termali, a cui possiamo far risalire quello delle Terme delle Foro, non viene sconvolto ma sopperisce alle esigenze di monumentalizzazione con una moltiplicazione degli ambienti e con un parziale aggiornamento degli apparati decorativi. Periodo IV A questa fase sono riconducibili due trasformazioni interne all’impianto. La prima riguarda la suddivisione di vWU con la costruzione di un muro, con andamento nord-sud, (m13) impostato sul piano inferiore dell’ipocausto del vano (fig. 6). La tessitura di tale struttura è caratterizzata dalla presenza di frammenti di laterizi circolari, derivanti forse dallo smontaggio di parte dell’ipocausto originario, messi in opera con elementi litici di varia forma e pezzatura senza apparente uniformità, ottenendo una sorta di opus incertum. Tale apprestamento determina la nascita a occidente di vW, di forma rettangolare e allungata, e a oriente di vU dalla superficie più ampia. Sulla base dei dati acquisiti è complesso precisare se entrambi gli ambienti, ora separati, o anche solo uno di essi, fossero o meno dotati di un sistema di riscaldamento funzionante. A tale proposito è significativo sottolineare però come il prospetto occidentale di m13 presenti un’alta risega che suggerirebbe come la pavimentazione di vW dovesse trovarsi alla medesima quota di quella originaria, pertinente quindi al piano superiore dell’ipocausto di vWU. Per sostenere l’ipotesi che vW sia riscaldato anche in questa fase si dovrebbe affermare che pure la fornace di alimentazione del calore sia ancora operativa. Si suppone che tale dispositivo sia da identificare con il præfurnium laterale, st35, aggiunto nel periodo III precedente. È possibile che questa operatività prolungata nel tempo abbia comportato un probabile intervento manutentivo nel settore ovest dell’ipocausto di vZ. La prossimità del præfurnium, ubicato proprio a ridosso del tepidarium, e la conseguente alta temperatura dell’aria, prodotta e immessa in quel settore dell’intercapedine, possono forse suggerire la motivazione alla base della scelta dei materiali impiegati in questo intervento: in luogo dei consueti manufatti laterizi infatti si registra la messa in opera di una serie di blocchi lapidei (st8). Tale preferenza è forse anche da mettere in relazione con una datazione piuttosto tarda dell’intervento, si suppone non anteriore al III secolo d.C., e che sembra allinearsi con una contemporanea penuria nella produzione e nel riutilizzo di manufatti fittili riscontrabile in tutto il contesto urbano.27 A questo ipotetico cantiere di rifacimento parziale dei sostegni dell’ipocausto di vZ si potrebbero ricondurre le diverse tracce in negativo, riferibili alle pavimentazioni del vano: le impronte per lastre rettangolari sono obliterate da analoghi resti riferibili a elementi di modulo quadrato ubicati proprio in corrispondenza della collocazione dei blocchi lapidei rubefatti (fig. 7). Ed è forse proprio all’interno di un articolato sistema di interventi di rifacimento e manutenzione, probabilmente avvenuto in questo periodo di radicali trasformazioni, che deve essere inquadrata l’attestazione di 20 manufatti lapidei dotati di sigle iscritte, provenienti dai vani riscaldati vI-L, vZ, vW e vU.28 Si tratta di 15 lastre in bardiglio locale e marmo bianco e 5 partiture a modanatura liscia in marmo bianco, recanti segni incisi, costituiti da elementi numerali, alfabetici o graficosimbolici. In ragione di confronti con alcuni contesti della Cisalpina e delle province occidentali che hanno restituito materiale simile, è stato possibile comporre l’applicazione di queste sigle, miste per le lastre e alfabetiche per le partiture da parete, all’interno di un sistema di marcatura uniforme, pratico e veloce, funzionale a smontare prima e assemblare in seguito il materiale decorativo in una corretta operazione di riposizionamento. In merito alla cronologia, l’analisi preliminare dei depositi stratigrafici, pur facendo emergere soprattutto le testimonianze relative all’abbandono delle strutture e alla defunzionalizzazione dell’impianto, consente una limitata quanto preziosa apertura sulle dinamiche del periodo IV. È infatti pertinente a questa fase uno dei pochi contesti 6. Tepidarium WU. (T. De Tommaso)
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