Bollettino della Soprintendenza

66 di architettura alla regia Accademia Albertina di Belle Arti e membro della Commissione consultiva conservatrice dei monumenti d’arte e d’antichità per la Provincia di Torino, di redigere un progetto di restauro. Nel giugno dello stesso anno viene presentata una relazione6 che descrive le condizioni del monumento e avanza una proposta operativa per il suo restauro. Caselli distingue tre sistemi costruttivi che contraddistinguono, secondo lui, i diversi periodo storici della torre (romano, medioevale e moderno) ma seguendo l’interpretazione di Carlo Promis7 (fig. 2) fraintende la struttura e considera la parte di elevato al di sopra del livello delle mura di cinta come appartenente al Medioevo: «Sulla costruzione romana si innalzano ancora per un’altezza media di circa sette metri, quattro muri che formano una torre che servì verosimilmente come maschio o casa-forte, dipendenza del castello che i signori di Schalland [sic] avevano edificato sull’angolo S.O. del recinto romano». Anche se dall’aspetto questa seconda parte della struttura può sembrare più antica, ciò è dovuto al rivestimento esterno «che essendo fatto con ciottoli sradicati dal muro romano, riproduce quasi identicamente l’aspetto esterno del muro romano, e per il fatto delle dodici finestre od aperture, tre sopra ogni lato, che sono tutte a sesto e hanno le armille frontali eseguite con cunei convergenti lavorati accuratamente, col medesimo materiale romano». Queste errate valutazioni, compiute da un osservatore poco attento che non è in grado o non vuole distaccarsi dall’opinione di un autorevole predecessore, sono da prendere nella massima considerazione perché avranno una notevole influenza sulle decisioni relative al tipo di restauro che sarà proposto. La parte più deteriorata del monumento è il lato nord verso l’interno della città, dove si trova una grande porta di accesso con architrave in legno, mentre il resto della parete è coperto da una muratura moderna che funge da rinforzo e da sperone. Sugli altri lati il rivestimento è meglio conservato, anche se presenta profonde lacune e lesioni, ma il problema maggiore è rappresentato da quelli che Caselli definisce «sintomi eminentemente patologici» e cioè le grandi fenditure che si riscontrano in più punti e che prendendo avvio dal livello del cammino di ronda e allargandosi man mano s’innalzano sino alla sommità, dove in alcuni punti raggiungono la larghezza di sei centimetri. Le lesioni dipendono in massima parte dalle spogliazioni fatte al rivestimento della sottostante muratura e per questo motivo gli elevati sul loro lato esterno sono a sbalzo su quasi tutto il perimetro della torre, tanto che in alcuni punti la loro sporgenza senza sottostante appoggio raggiunge anche i sessanta centimetri o più. La muratura moderna, invece, costituita da pietrame e ciottoli e caratterizzata da grande irregolarità, ottura tutte le finestre tranne due e costituisce le sopraelevazioni triangolari che sui lati nord e sud servono da sostegno alle falde del tetto incendiatosi nel 1878. Date queste premesse, Caselli avanza alcune proposte e un progetto per la conservazione: «Un restauro del monumento nello stretto senso della parola è inutile proporlo perché bisognerebbe prima risolvere se si vuole restaurare la torre romana e fare scomparire l’aggiunta medioevale, oppure se è l’opera medioevale che si vuole completare e allora non si sa se siano maggiori i dubbi cui si va incontro o le inutili spese che si dovrebbero incontrare». Si consiglia quindi di stare nei limiti di un intervento di stretta conservazione e di misure «che non vengano a nascondere nulla a questo prezioso documento storico e nemmeno le ultime vicende e le peripezie che ha attraversato le quali oramai sono storia esse pure». Andando per ordine di urgenza, le opere da realizzare sarebbero dunque: 1) l’apposizione di un sistema di tiranti o catene8 di ferro in alto, sulle facce interne dei muri superiori, per contenere questi ultimi e impedire che le fenditure si allarghino ancora, compromettendo la solidità del monumento e la sicurezza delle persone; 2) la costruzione di speroni e sottomurazioni di sostegno.9 A questo proposito, il Comune di Aosta sarebbe disposto a cedere una certa quantità di blocchi di pietra provenienti dalla demolizione di edifici moderni, ma che anticamente appartenevano alle mura romane, per procedere a un rivestimento completo. Caselli, però, non considera conveniente questa soluzione perché, oltre alla difficoltà di riuscita, questo tipo d’intervento «verrebbe a falsare la condizione storica della torre, la farebbe considerare come un’eccezione sfuggita alla rapina dei costruttori medioevali e il tratto a nuovo farebbe poi deplorevole contrasto col circostante muro completamente spogliato». La proposta è di realizzare solo due speroni agli angoli della parete meridionale, in modo da lasciare in gran parte scoperte le facce del muro romano nel suo «deplorevole ma storico aspetto di delapidazione». E affinché questi sostegni appaiano nettamente come restauri l’idea è di realizzarli non in pietra ma in muratura di pietrame interposto a strati di mattoni, in modo da distinguerli anche dalla muratura del periodo moderno; 3) l’utilizzo dei blocchi di reimpiego per effettuare alcuni reintegri, specialmente degli archivolti, in modo da non comprometterne l’estetica e assicurarne al contempo la solidità; 4) la realizzazione di una copertura poiché, se tutti gli interventi precedentemente descritti servono ad assicurare la stabilità dell’edificio, non garantiscono però la sua conservazione e la salvaguardia dall’azione degli agenti atmosferici che operano una distruzione lenta ma inesorabile. Si giudica pertanto necessario rifare il tetto, anche se la Commissione consultiva conservatrice dei monumenti, nella sua seduta dell’11 dicembre 1886, aveva rigettato l’idea, preoccupata da più che giustificate ragioni estetiche. Secondo Caselli, però, le esigenze di fatto sono ineluttabili e per questo propone un tetto in lose che riprenda quello andato distrutto, in modo da riprodurre nuovamente «quelle linee vetuste e pittoriche sotto le quali questo monumento si è conservato per tanti anni»; 5) l’asportazione dei due architravi in legno della parte nord e la riduzione delle dimensioni della porta che ha ampiezza carraia, per renderla un semplice accesso per le persone e, infine, procedere a smurare quattro finestre per collocarvi i rispettivi telai in legno a vetro muniti di inferriate esterne e scuri interni. L’ammontare complessivo dei lavori è stimato in 3.000 lire, e le varie voci di spesa sono dettagliatamente indicate in allegato. Alla relazione sono inoltre accluse sei tavole a china nera e pastelli colorati che riportano pianta, sezione e prospetti in scala 1:50 del monumento (fig. 3). La Commissione consultiva conservatrice dei monumenti d’arte e di antichità della Provincia di Torino si riunisce in data 26 giugno 1888 per esaminare la relazione e decidere in merito.10 I suoi membri si dividono sulla spinosa

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