71 altri studi e confronti servirono a provare che non solo le due torri del Leproso e del Pailleron erano in origine perfettamente identiche, ma che tutte, eccetto quelle delle porte e le angolari della cinta, lo erano parimenti. Tanto la torre del Pailleron che quella del Leproso hanno identiche misure nella pianta, in ambedue la parte anteriore, cioè quella verso l’esterno della città, è costrutta nel medesimo tempo in cui fu costrutto il muro, e conservano due piani, in ciascuno dei quali si hanno tre finestre per ogni lato, salvo sui due fianchi, al livello del corridoio di ronda, ove al posto di una di dette finestre havvi una porta».17 Per concedere l’autorizzazione a effettuare le ricerche, l’amministrazione dell’Ospizio di Carità, a cui appartiene l’immobile in questione, chiede solo che si agisca con celerità e prudenza data la situazione un po’ precaria in cui versa l’edificio. La condizione da rispettare è che «non si faccia come pel Pailleron ove i grandi fossi che si sono scavati allo stesso scopo, nello scorso anno, sono tuttora aperti, con evidente pregiudizio del monumento stesso».18 Da un biglietto di Ottavio Germano apprendiamo che il 4 settembre si svolge un sopralluogo, nel quale si decide di effettuare un rilievo della torre. L’opinione è di realizzarlo assieme a delle piccole indagini, possibilmente senza montare dei ponteggi. Intanto, rispondendo alle richieste del Ministero e nella speranza che il suo progetto venga presto approvato, l’8 agosto D’Andrade invia al Ministero una relazione19 «a schiarimento» dei suoi intenti. In essa vi afferma che, contrariamente «a quanto il compianto Carlo Promis asseriva nella sua opera Antichità di Aosta, questa torre non è romana nella sola parte inferiore ed in quell’altra che è al livello del parapetto della cortina, né era torre che nella sua altezza non avesse rilievo sulle mura cioè di quelle che l’autore dice: turris aequae cum muro». E se l’osservazione del sistema costruttivo non fosse sufficiente a provare che tanto la parte inferiore quanto quella superiore (salvo qualche superfetazione) sia opera romana, basterebbe il confronto con un’altra torre della stessa cinta, quella del Lebbroso, a confermarlo pienamente. In entrambi gli edifici, la parte che Promis credeva costruita nel Medioevo conserva la sua struttura di pietre regolari a corsi, con almeno due piani di aperture e le porte di accesso alla cortina. D’Andrade si chiede che cosa abbia indotto il suo illustre predecessore e i suoi seguaci a fraintendere il monumento nella sua complessità. Forse l’affinità con gli edifici costruiti ad Aosta nell’evo di mezzo, come la torre dei Balivi o quella dei Signori, realizzati col materiale di rivestimento della cinta romana? Pur essendoci somiglianza superficiale, il sistema difensivo è però così diverso da rendere impossibile non riconoscerlo. Nelle torri romane, infatti, erano presenti numerose e larghe finestre, mentre nel Medioevo vi erano piccole, strette e rarissime aperture. Questo perché il primo sistema era più offensivo 6. La torre del Pailleron vista da sud-ovest. Il personaggio con la stadia è l’ispettore dei monumenti Pietro Frassy, dicembre 1890. (G. Giacosa)
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