76 Guardia municipale che ha la vigilanza del giardino pubblico nel quale si trova la torre. Ma evidentemente le cose non cambiano se nel marzo del 1896 l’ispettore Frassy si rivolge ancora al direttore per informarlo di una comunicazione del sindaco riguardante la tutela della torre. Il tenore della lettera30 la dice lunga sulla considerazione di gran parte degli aostani dell’epoca per i monumenti antichi: «Avec le retour de la bonne saison la Junte Municipale s’est préoccupée des conditions vraiment indécentes où se trouve le Pailleron, chargé en réceptacle d’immondices. Il lui semble qu’il serait indispensable de pouvoir en quelque manière mettre fin à un état de choses si peu convenable». E Frassy rincara la dose confermando che «l’interno della torre Pailleron, dove si può penetrare facilmente dalla parte del primo piano, salendo sulla cinta romana, è diventato un ritrovo di monelli, un ricettacolo d’immondizia e un postribolo d’occasione». Per impedire lo sconcio sarebbe dunque assolutamente necessario rendere impossibile l’accesso, anche perché le cattive condizioni in cui versa la torre potrebbero impressionare sfavorevolmente i forestieri. Implicitamente, dunque, si ribadisce la necessità di dotarla di porte e inferriate. Immaginiamoci ora un D’Andrade costretto per l’ennesima volta a ribadire il suo pensiero sull’archeologia, il restauro e la salvaguardia dei monumenti a chi sembra proprio non voler intendere ragione: «I monumenti dell’epoca romana interessano a tal punto i dotti del mondo, la loro esistenza e conservazione sono talmente controllate dagli stessi, che non si può intorno ad essi prendere decisioni che non siano proporzionate alla loro importanza. La torre della cinta di Aosta detta “le Pailleron”, spogliata dopo il restauro dalle superfetazioni del medio evo, fa vedere particolari interessantissimi e tanto bene conservati che non si può in verun modo permettere che per piccole cause come sarebbe quella della maggior o minor pulizia, essi diventino oscuri o vengano più o meno distrutti. Uno di questi fatti, quello che ora interessa di rilevare per rispondere all’invito del Comune di Aosta, è quello dello stato di conservazione delle spalle delle porte e delle finestre di questa torre ove l’archeologo potrà, mercé lo scrupolo del mio restauro, sempre studiare con quale modo di chiusura i romani intendevano di riparare i difensori, che combattevano dalle finestre, dai colpi che dagli assalitori potevano loro essere diretti. E notisi che casi perfettamente conservati tutt’ora esistenti sono unici o quasi. E sono questi fatti che il Comune di Aosta vorrebbe distruggere coll’infliggere inferriate alle porte ed alle finestre del Pailleron? No, ciò non può essere, tanto più che non è provato che la città non possa raccomandare ad una guardia municipale di sorvegliare di quando in quando quella località per impedire che il monumento continui ad essere una delle tante latrine di Aosta». A dimostrazione del suo modo di vedere ricorda ancora l’esempio di quanto si fa in altre città “colte” in casi simili, specialmente a Roma dove molte rovine antiche sono lasciate senza cancellate né altre difese stabili. Spera, quindi, che il suo interlocutore sia in grado di convincere definitivamente il sindaco «del dovere che esso ha, assieme a noi, di difendere con religioso scrupolo tutto ciò che può mantenere intatta l’importanza dei resti romani di Aosta». E finalmente Frassy sembra persuadersi perché scrive al primo cittadino di condividere le ragioni espresse da D’Andrade e si dice convinto che un’attiva vigilanza da parte delle guardie municipali possa risolvere il problema. L’esercizio della tutela, conseguita anche attraverso un controllo capillare del territorio, è una componente molto importante dell’attività svolta dall’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti, e il suo direttore cerca sempre di coinvolgere la responsabilità delle amministrazioni pubbliche nella cura e salvaguardia dei beni restaurati. Nel 1895 la torre viene proposta, e non è la prima volta,31 come sede museale, ma l’idea viene scartata per le dimensioni troppo piccole dell’edificio e per l’intervento di D’Andrade che giudica inopportuno destinarla «a sede di Museo, di Club Alpino o di qualunque altra istituzione che possa rendere necessario di coprirla con un borghese tetto moderno e di chiudere le finestre con imposte ed invetriate».32 Un’ultima vertenza si apre ancora nell’agosto del 1899 e riguarda un chiosco o casotto fatto costruire dall’Amministrazione comunale nei pressi del monumento. Messo sull’avviso da Frassy, il direttore effettua un sopralluogo ad Aosta e a seguito di questo scrive al sindaco una missiva connotata, ancora una volta, da sottile ma spassosa ironia: «In una visita testé fatta in codesta città ho constatato che codesto Municipio ha fatto impiantare un casotto di legno presso l’angolo rientrante nord est formato dall’incontro della cinta colla torre “le Pailleron” ad un metro circa dai due lati di detto angolo. Se da codesto Municipio non avessi in varie occasioni avuto prove luminose del suo interesse per i propri antichi monumenti, questo fatto avrebbe potuto lasciarmi dei dubbi sull’interesse di codesta Amministrazione per le proprie antichità, ed avrebbe potuto parere che codesta Amministrazione Comunale tenesse in lieve conto gli sforzi che il Governo fa continuamente per la conservazione dei monumenti aostani. Ma poiché questo non può essere, ritengo che la costruzione di quel casotto di legno sia avvenuta forse perché sfuggirono al progettista gli inconvenienti a cui quella costruzione poteva dare luogo, e che qui enumero: 1° di procurare un posto coperto dalla vista dei passanti in quei due viottoli tra il casotto ed il monumento, a chi desidera a suo bel agio fare quello che la decenza eviterebbe, e non dover più salire, come ora si fa, sopra alle mura, troppo in vista 2° di non essere alla distanza di tre metri dalla proprietà demaniale, epperciò di dare il cattivo esempio a tutti coloro che vorranno costruire presso i resti romani. Con questi motivi prego codesta Amministrazione Comunale a voler togliere quel casotto da quel luogo; se poi di quel casotto fosse riconosciuta l’assoluta necessità, sarei d’opinione che invece di nasconderlo, come oggi fatto, lo si mettesse abbastanza in evidenza, aggiungendogli qualche decorazione e dipingendolo di qualche colore che si accordasse coi begli alberi della passeggiata».33 Il contrasto alle costruzioni illegali nei pressi delle mura romane e la salvaguardia e tutela di queste ultime sarà un’ulteriore battaglia portata avanti da D’Andrade, ma questa è un’altra storia. Per le vicende urbanistiche che hanno caratterizzato la città, attualmente la torre non è più compresa nei confini dei vicini giardini pubblici (fig. 12) ma, assieme all’attiguo tratto di mura romane, si affaccia col suo lato nord su via Tour du Pailleron, mentre il lato sud, circondato da un’area verde (fig. 13), offre la sua vista sul piazzale della Stazione ferroviaria.
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