81 Per quanto concerne l’economia del sito, la presenza preponderante di specie d’allevamento ha evidenziato una pratica importante di questa attività. Lo studio delle età di abbattimento ha portato a dedurre le strategie allevatizie adottate: la presenza di individui di tutte le età, indica uno sfruttamento degli animali per i prodotti sia primari (la carne), sia secondari (il latte e la lana), e per la loro forza lavoro, con particolare riferimento ai bovini, probabilmente utilizzati nell’attività agricola, e agli equini, forse per il trasporto (fig. 4). A sostegno delle deduzioni tratte dallo studio archeozoologico vi sono le fonti archeologiche e documentarie: la filatura della lana, finalizzata probabilmente alla produzione di capi di vestiario, può essere testimoniata dal rinvenimento in scavo di alcuni manufatti metallici funzionali alla tessitura, il cui studio è attualmente in corso da parte di Greta Lupano. Inoltre l’allevamento delle pecore da lana è attestato sulle Alpi fin dal III millennio a.C., lo confermano in particolare resti combusti di questa fibra datati al 2900 a.C. rinvenuti nella vicina Svizzera.15 L’utilizzo del latte, sia ovocaprino sia bovino, per la produzione casearia è una pratica affermata in tutto l’arco alpino fin dalla Preistoria;16 che questa attività venisse svolta anche ad Orgères è deducibile da alcuni documenti che parlano di un importante mercato a Morgex (a circa 20 km dal sito) in cui è attestata la presenza di banchi per la vendita di formaggio fin dagli inizi del XIV secolo,17 periodo a cui è datata la stalla per ovocaprini rinvenuta durante gli scavi. Inoltre, nel periodo medievale si sviluppò in area montana un tipo di economia detto “economia di valle” che consisteva in una rete di scambi tra i villaggi di alta, media e bassa valle e il formaggio era uno dei beni commerciati.18 Gli ossi di avifauna e lepori riconosciuti all’interno del campione osteologico sono indicativi della pratica della caccia. L’alimentazione era varia. Gli individui abbattuti in fase neonatale e giovanile, sia bovini sia ovocaprini, erano destinati al consumo, come lo erano i suini, soppressi in età subadulta, non oltre il ventiquattresimo mese di vita, periodo in cui la resa carnea è migliore. Lo stesso dato si riscontra anche per i resti rinvenuti nel castello di Quart, nei pressi di Aosta.19 La presenza di tracce di macellazione non solo sugli ossi di questi animali, ma anche su quelli di ovocaprini e bovini adulti, indica che quando la loro produttività non era più soddisfacente entravano a far parte della dieta, arricchita anche dalla cacciagione. Ad incrementare l’indice proteico concorreva sicuramente il consumo di latte e formaggio, mentre il fabbisogno di carboidrati e vitamine era probabilmente soddisfatto dai prodotti dell’agricoltura. Il riscontro di tutti gli elementi anatomici, compresi denti, frammenti di cranio e falangi, parti dello scheletro estranee all’alimentazione, testimonia che ogni fase della lavorazione della carne, dalla macellazione al consumo, avvenisse all’interno del sito. La pratica della macellazione è attestata sia dall’individuazione di graffi, incisioni (fig. 3, n. 7) e segni di troncamento dovuti a fendenti (fig. 3, n. 8) su una buona parte dei frammenti, sia dal ritrovamento di ossi sparsi piuttosto che di carcasse intere. La mancanza di connessione anatomica tra i reperti rinvenuti, se non per una eccezione, è indice del fatto che l’animale abbia subito una serie di lavorazioni in seguito alla sua morte che hanno portato al suo smembramento. Questa condizione sembrerebbe supportare la tesi dell’attribuzione pressoché totale a resti di pasto e quindi uno sfruttamento completo delle risorse che l’animale potesse offrire. Particolari procedure sono testimoniate dai segni riscontrati su alcuni elementi anatomici, come la presenza di corpi di vertebre troncati a metà sul piano mediale (fig. 3, n. 9) che indica la divisione in due porzioni della parte assiale di alcune carcasse, mentre un epistrofeo (seconda vertebra cervicale) con tracce di fendenti orizzontali (fig. 3, n. 10) testimonia probabilmente lo sgozzamento della bestia. Non è da escludere che alcuni dei graffi attribuibili soprattutto a piccole lame, possano essere indizi di scuoiamento finalizzato alla lavorazione del cuoio verosimilmente utilizzato nell’abbigliamento affiancando i capi in lana. Sono state individuate impronte di annerimento, attestate sul 16% dei frammenti, che rimandano ad un contatto diretto con una fonte di calore, probabilmente avvenuto durante la cottura della carne: data la loro quantità relativamente esigua, sembrerebbe che questa modalità di cottura non fosse quella primaria. Altri reperti presentano vere e proprie tracce di combustione, si può quindi ipotizzare che fossero stati utilizzati insieme alla legna per alimentare il fuoco o buttati tra le fiamme per essere smaltiti al termine di un pasto o ancora abbandonati all’azione diretta del calore solare. L’analisi archeozoologica ha permesso anche di supportare l’ipotesi interpretativa dell’ambiente ad uso stallivo con annessa un’area riservata ai pastori,20 in quanto gli ossi rinvenuti sono attribuibili esclusivamente a resti di pasto, escludendo per questo settore la pratica della macellazione, e i numerosi denti decidui di ovocaprini lo indicano come luogo utilizzato per ospitare capretti e agnelli durante la fase di crescita legata al cambio della dentizione. Uno studio più specifico dei reperti ossei spartiti secondo le diverse fasi di vita del sito di Orgères ha evidenziato un andamento pressoché costante nel tempo dei rapporti 2. Rapporto tra le famiglie animali nel campione del sito di Orgères. (C. Mascarello) Bovino 25% Ovocaprino 58% Suino 7% Equino 4% Roditore 4% Volatile 2% Lepre 1% Tasso 0%
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