21 Le Flambeau - 03

Ma la "vexata qurestio" delle acque valdostane ha una storia lunga e dif– ficile contraddistinta dalla tenace lotta della nostra gente per difendere questa grande e forse unica ricchezza contro l'espropriante per eccellenza: lo Stato centrale, sotto varie forme di governo. L'annosa questione delle acque, cioè dei diritti dei Comuni valdostani sulle acque della Valle d'Aosta, si apre nel 1915 con la legge Bonomi avente per oggetto la demanializzazione di tutte le acque per le quali non si potessero far valere diritti di proprietà di utenza basati su titoli legittimi. Le vicissitudini sono state causa di grave malcontento da parte dei valdo– stani verso lo Stato che ha indubbiamente commesso abusi e gravi ingiustizie in questa materia a danno della Valle d'Aosta. I Comuni valdostani avevano forzatamente dovuto provvedere, dal 1771 al 1794, all'acquisto delle acque dai signori feudali ed il corrispettivo per l' af– francamento in parte era stato pagato in valuta aurea in parte ai precedenti pro– prietari e in parte alla tesoreria regia e ciò in forza di validi atti pubblici, in base ai quali spettava ai Comuni stessi il diritto di mantenere i canali irrigui e di co– struirne di nuovi senza necessità di concessioni e senza pagamento di canoni. Le acque della Valle d'Aosta appartenevano quindi ai Comuni e costitui– vano il demanio dei comuni stessi che avevano il diritto di percepire dagli utenti ed eventuali concessionari i relativi canoni. In sede di pratica applicazione della legge Bonomi del 1915 le acque dei torrenti della Valle d' Aosta non avrebbero quindi dovuto essere incluse negli elenchi delle acque dichiarate demaniali dello Stato. Ma i secolari diritti ac– quisiti dai Comuni valdostani in sede di pratica applicazione delle norme sulle acque pubbliche vennero disconosciuti o ignorati dalle autorità centrali le qua– li, pur non potendo negare la validità dei titoli di affrancamento e di acquisto, non diedero seguito alle richieste ed ai ricorsi dei comuni. Ne seguirono quindi annose vertenze mai risolte davanti ai tribunali delle acque pubbliche anche se gli atti di acquisto furono riconosciuti validi dalla Magistratura in sede suprema in materia di usi civici e di foreste. Ma il Gover– no dopo aver tentato invano, a più riprese, di addivenire a una transazione de– risoria e ingiusta per i Comuni, impose ai podestà di recedere dalle vertenze giudiziarie avanti ai tribunali delle acque pubbliche. E poiché la maggior parte dei podestà si rifiutò di aderire a tale ingiusta imposizione, il Governo stesso li fece sostituire nel 1943 con appositi Commissari incaricati di sottoscrivere la transazione, atto giuridicamente illegittimo e dannoso per i Comuni. Si trattava infatti di una transazione che rivestiva tutti gli estremi di una imposizione, con abuso di autorità e che doveva quindi essere ritenuta nulla per manifesto vizio di consenso delle parti stipulanti. Fu un sopruso aperto e violento che si risolse in una grave e illegittima espropriazione di un bene demaniale comunale senza corresponsione di alcuna indennità da parte dello Stato. Considerati obiettivamente questi precedenti e per evitare la ripresa di una lunga e çlispendiosa lite tra i Comuni valdostani e lo Stato, con il d.l.lg . 7 settem– bre 1945, n. 546, entrato in vigore il l o gennaio 1946, recante agevolazioni di or– dine economico e tributario a favore della Valle d'Aosta, il problema delle acque pubbliche valdostane fu regolato con particolari norme che sostanzialmente stabi– livano la concessione gratuita novantanovennale, salvo rinnovazione, alla Valle 73

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