L'âge d'or Bruno Orlandoni

Premessp. 7 A) riassumere e rileggere le novità documentarie relative al personaggio Mosset­ taz, cercando di correggere alcuni errori e di risolvere anche alcune contraddi­ zioni di cui sono stato in parte responsabile, nel tentativo di riordinare le carte, numerose, che riguardano lui e i suoi eredi; B) aprite un nuovo capitolo relativo all'attività di maestro Stefano, rianalizzando, alla luce di questo capitolo, anche parte delle valutazioni fìn qui espresse sulla sua attività più nota e studiata; C) riaprire il capitolo dell'analisi politica dell'arte e dell'architettura del Tre e del Quattrocento valdostani alla luce delle scoperte attributive e di datazione più recenti. Le carte che riguardano Stefano e la sua famiglia toccano ormai il ragguardevole numero di circa settanta, impressionante soprattutto se si pensa che quando, insie­ me a Domenico Prola, iniziavo le ricerche che avrebbero portato alla pubblicazione della monografia sul castello di Fénis, i documenti noti su Mossettaz erano di fatto quattro, due dei quali trascritti (i due relativi alla tomba di Francesco di Challant e al solanum chori della Cattedrale), gli altri due (quello relativo al suo lavoro aostano per Moriset e quello relativo al lavoro sui ponti e sulle strade della Valle) solo citati ma non trascritti. La presenza del norne di Stefano Mossettaz nel verbale della riunione per la nomina dei sindaci della città nel 1 443, e quella di un "figlio di Stefano delle Immagini" come testimone ad un atto pubblico nel 1455, erano poi state pubblicate, ma nessuno le aveva messe in relazione con lo scultore. Accanto a Mossettaz si stanno poi moltiplicando le personalità di artisti di spicco: a volte noti e almeno in parte indagati già da tempo come Jean de Malines, Aymonet Corniaux, Giacomo Jaquerio, Pierre Berger, Marcello Gérard, Jean Vion e Jean de Chetro; altre volte ancora problematici, benché sicuramente documentati in Valle, come Giorgio di Bruges, Boso de Grange, Bassiano da Birago, o come il fantomatico Johannes Dorerii, orafo di cui ancora non è del tutto sicura l'esistenza. La prima parte di questo lavoro verte prevalentemente su problemi di carattere stori­ co, anzi di microstoria, legati alle vicende umane e familiari di maestro Stefano, del suo entourage o dei suoi committenti. Nella seconda parte cerco di trarre il massimo profitto possibile dalla scoperta degli ultimi documenti, anche sotto il profilo dell'analisi storico-artistica. Nella terza cerco di combinare i due vettori di indagine nel quadro di una lettura politica dell'arte valdostana in rapporto ai conflitti interni alla classe dirigente della Valle tra XIV e XV secolo. In tutte le parti affronterò anche argomenti già toccati in altri lavori. Ciò anche per­ ché ritengo che nessuno sia tenuto a possedere o conoscere i miei lavori passati e che sia necessario rendere qualsiasi pubblicazione quanto più possibile autonoma dalla propria bibliografia.

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