Pittori valdostani di un tempo Sandra Barberi

JANUS ANNA UGLIANO poiché le civiltà non nascono mai da sole, hanno bisogno di punti di riferimento, di esempi, di confronti. L'immagine che questi due secoli hanno tracciato del loro passaggio ha qual­ che cosa di fluttuante, poiché essa nasce da una combinazio­ ne di elementi locali con esperienze fatte precedentemente in altri luoghi. La legge dell'adattabilità, che si può notare anche in natura, produce i suoi effetti anche nel campo della produzione artistica. \ Vi è una caratteristica comune, che ap­ pare in tutti gli esempi prodotti nel corso dei due secoli, no­ nostante le differenti personalità: la ricerca di un modello «alto», di un modello «nobile», di un modello «aristocratico», come se una società ancora in formazione puntasse subito a risultati esteriori di prestigio, di autorevolezza ed anche di probità morale, poiché è evidente che questa società aspira ad essere considerata giusta ed equilibrata .J Nelle sue forme non vi è mai nulla di eccessivo e di esagera­ to ed anche quando i modelli vengono da Ginevra o dalla Ger­ mania o semplicemente dalla cultura lombarda o piemontese tutto viene ridotto ad un ritmo sobrio e misurato che esclude pericolosi abbandoni o audacie fuori luogo. Vi è in tutti il de­ siderio di appartenere ad un mondo aristocratico o borghese che cercava di delineare meglio la propria fisionomia e desi­ derava intanto già lasciare una testimonianza del proprio pas­ saggio, del proprio lavoro e della propria laboriosità. Ma non bisogna pensare che questo mondo desiderasse morire o es­ sere semplicemente rinchiuso in un museo, anche se i tempi non consentivano una rapida circolazione delle idee e delle immagini, come avviene oggi, certo la fondamentale esigen­ za era quella di stabilire una gerarchia di valori che poi corri­ sponde ad un rango sociale e ad un rango economico. A poco a poco quella società, attraverso le primitive manifestazioni dell'arte, cercava di uscire fuori dalla propria solitudine e dal proprio isolamento, producendo un tentativo di comunicazio­ ne, anche se a livelli ancora molto limitati, ed è una pericolo­ sa teoria quella di chi pensa che una società tanto più è perfetta quanto più si richiude in se stessa. La raffigurazio­ ne ritrattistica o di una natura morta, di un paesaggio o di una scena religiosa è invece una testimonianza che quegli uo­ mini non volevano più essere relegati nel fondo della storia, ma volevano uscire dai propri confini: prendevano eventual- 13 mente da altri i propri modelli e, nello stesso tempo, premeva­ no verso le pareti che li circondavano, ancora timidamente, ma già con il chiaro intento di aprire una breccia. Ogni radice, in fondo, presuppone una pianta che arriva alla luce del sole, presuppone una foglia, un frutto, una perenne germinazione. Lo storico è un uomo che raccoglie questo lento, inarrestabi­ le movimento: noi esistiamo oggi poiché siamo esistiti ieri ed il dovere dell'uomo contemporaneo è quello di portare avan­ ti questa trasmissione di idee e di sensazioni da una genera­ zione all'altra. Un uso corretto di questa esposizione è proprio quello di por­ tare alle sue conseguenze logiche questa elementare verità: l'uomo arriva fatalmente alle opere d'arte (di cui non discu­ tiamo in questo momento il valore estetico) quando vuole co­ minciare a muoversi, quando vuole comunicare, quando non è più l'uomo del proprio paese, ma è anche l'uomo di altri pae­ si, reali o immaginari che siano. La rappresentazione artisti­ ca consente sempre questa straordinaria scoperta d'un sommovimento interiore della coscienza. Le società produ­ cono arte quando vogliono dare un'immagine di se stesse. Già l'uomo preistorico non faceva cose molto differenti quando dipingeva scene di caccia o di danza nell'interno di una ca­ verna, allo scopo di poter trasmettere il loro potere di sedu­ zione e di magia. Essi lanciavano messaggi, esattamente come i pittori raccolti in questa esposizione, indipendentemente dal­ le loro qualità tecniche o artistiche, che appartengono ad un genuino livello di conoscenza o di sensibilità, ma è necessa­ rio sottolineare che anche in questi due secoli si manifesta il desiderio di proiettare la propria immagine verso l' ester­ no, sia nel caso di una pittura religiosa, destinata alle chiese, sia nel caso di una pittura dai contenuti laici, destinata ad una società che sebbene lentamente usciva dalle traversìe del passato - assai numerose anche in Valle d'Aosta - e comin­ ciava a rivaleggiare con i modelli che allora potevano essere più conosciuti con l'intento assai semplice di esprimere la pro­ pria personalità. I popoli si muovono talvolta ad onde, più o meno lunghe o corte, che però sempre toccano altre spiagge, per affermare la propria esistenza nell'area geografica dove sono stati collocati dalla storia, dicendo, in fondo: «anche noi apparteniamo al resto del mondo».

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