Pittori valdostani di un tempo Sandra Barberi
AMEDEE BERTHOD Nato nel 1905 da un'agiata famiglia di commercianti di Ao sta, è il maggiore di quattro figli. Fin dalla prima infanzia mostra notevoli qualità soprattutto per il disegno. Buono sco laro, studente modello fino all'età di 15 anni, molto attacca to alla madre - probabilmente la persona che più ha amato in vita sua -, avrebbe subito un brusco cambiamento alla fi ne dell'adolescenza. Un grave conflitto con il padre, che gli rimproverava le sue peraltro innocenti intemperanze, lo rende sempre più ribelle a qualsiasi autorità. La sua propensione verso l'estetismo decadente, il culto dell'io, l'imitazione del le correnti letterarie dell'epoca, si accentua. Esalta la violenza, le emozioni forti, tutto ciò che va contro l'ordine precostituito. Alla morte del padre non ha che 18 anni e sentendosi final mente libero si iscrive all'Accademia Albertina per assecon dare la sua inclinazione all'arte figurativa. Giunto quasi fino alla fine dei corsi, si fa cacciare per avere insultato un pro fessore a suo giudizio troppo conformista. «Espulso da tutte le scuole del Regno», diviene uno dei pilastri di quellaj eu n es se dorée valdostana di cui sarà per lungo tempo membro ap prezzato, che si riuniva davanti all'Hotel Couronne e le cui principali occupazioni erano le donne, il gioco delle carte e la politica. Quest'ultimo aspetto, insieme con la violenza dei suoi propositi, lo faranno conoscere agli antifascisti valdostani come mons. Stévenin e l'abbé Trèves, allora amici di fami glia, l'avvocato Page e, pili tardi, il canonico Bréan ed Emi lio Chanoux. Amico di Severino Caveri, Bertino Deffeyes e Lino Binel, con i quali condivideva il gusto per la politica, per una sorta di sfida proprio lui che apprezzava la pigrizia e il «dolce far niente» come l'essenza stessa dell'arte di vivere, era capace di passare quindici giorni in alta montagna, sulle Grandes Jorasses, sulle cime del Monte Bianco. Primo a pra ticare l'alpinismo a torso nudo e barbetta al vento al di sopra dei 4000 metri, si sarebbe segnalato in numerose prime ascen sioni invernali. Primo anche a fare dell'alpinismo una que stione «estetica», preferiva scalare per la terza volta la «cresta dei quattro asini», la Dent Blanche con Luigi Carrel, piutto sto che tentare la parete Nord del Cervino, vinta in quegli stessi anni dai fratelli Schmidt. La scoperta delle bellezze naturali della sua valle, la cono scenza della sua lingua, del suo patois, la ricerca - iniziata 148 in età giovanile - su tutto ciò che concerne l'arte pastorale valdostana (aveva debuttato a 19 anni come collezionista di oggetti d'arte), furono malgrado la pigrizia e l'incostanza i fondamenti della grande passione della sua vita: la Valle d'Ao sta. Membro fin dalla sua fondazione della «Jeune Vallée d'Ao ste», partecipa alle riunioni segrete che si tenevano per lo più nella casa dell'avvocato Page (oggi demolita) e tiene una di squisizione - la stessa nel corso della quale Emilio Chanoux legge ai suoi amici L'Esprit de victoire e la Causerie sur la Suisse -, in collaborazione con L. Binel, sulla futura armata valdostana. Continua ad affermare esplicitamente il suo antifascismo al l'inizio della seconda guerra mondiale; la terrazza del caffè Boch è stata testimone delle accanite discussioni che si tene vano tra i partigiani del Reich e i «democratici» che non esita vano a scommettere sulla vittoria dell'Inghilterra. Condannato a morte dopo 1'8 settembre, fu naturalmente obbligato a fug gire. La sua casa a Saint-Martin-de-Corléans venne saccheg giata dai fascisti e molti oggetti della sua collezione andarono per sempre perduti. Raggiunta a Valtournenche la banda di Tito, sfuggirà all'attacco dei tedeschi rifugiandosi - grazie alle sue qualità di alpinista - in Svizzera, portando con sé il can. Bréan e l'abbé Bougeat, futuro parroco di Morgex. Tornato in Valle d'Aosta dopo la Liberazione, riprende la sua solita vita. Cofondatore dell'Union Valdòtaine, fu per molti anni il consigliere, assieme al fratello Roberto e a Gigi Ber ton, di Severino Caveri. Privo di ambizioni personali, lancia va le sue idee lasciandone ad altri la realizzazione, difendendo sempre l'originalità della Valle, tornando continuamente sulle sue tradizioni, sulla sua storia e sulla sua arte. Diventò all o ra l'araldo dell'artigianato valdostano, insistendo per la ri presa della Fiera di S. Orso, valorizzando la «na'iveté» dei suoi artisti. Dal 1955 al '59 fu presidente del «Comité des Traditions Val dòtaines». Dopo lunghi anni vuoti aveva ricominciato a dipingere, forse con meno convinzione che durante la giovinezza. Una gra n de serenità aveva preso il posto dei furori e degli entusias m i che l'avevano condotto a Parigi a conoscere i grandi arti s t i e a bruciare regalmente il denaro di famiglia.
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