Pittori valdostani di un tempo Sandra Barberi

la Valle d'Aosta, la tematica sociale, la quale è invece in for­ te in ascesa nel Piemonte già a partire dagli anni '80 dove si esprime attraverso la rappresentazione di una realtà tal­ volta carica di forti tensioni ideali. Quest'arte chiusa in se stessa, che non esce dal labirinto di un consumo privato - limitato all'intimità dei salotti fami­ gliari (ed è significativo a questo proposito notare come gran parte delle opere esposte provenga da collezioni private, spes­ so di proprietà dei discendenti degli stessi pittori) -, o reli­ gioso, non ha apporti innovativi, non riuscendo nella maggior parte dei casi ad oltrepassare i limiti di un decoroso e apprez­ zabile «mestiere». Se è possibile scorgere un nesso di continuità tra i pittori con­ siderati, esso va individuato non tanto nel patrimonio stili­ stico, quanto appunto nel mestiere, in un insieme di conoscenze tecniche e di modelli convenzionali che si .traman­ dano all'interno dell'ambiente famigliare e solo talora all'e­ sterno. Esempio del flusso generazionale del sapere artigianale sono la discendenza dei Curta o degli Artari, men­ tre Vauterin, il quale si riallaccia all'opera di J. Joseph An­ ton Curta, e con lui altri artisti, rappresentano l'area di propagazione di questi stessi modelli. Nel Novecento continua, rappresentata tra gli altri dal val­ sesiano Ernesto Lancia, da Angelo Mosca e dai fratelli Stor­ tone di Ivrea, da Ettore Mazzini, un filone devozionale che si rifà principalmente all'esempio degli Artari. Ed anche al di fuori dell'ambito religioso la pittura si svilup­ pa all'ombra dei modelli ottocenteschi. Le rivoluzioni estetiche che si susseguono in tutta Europa alla ricerca di un nuovo tipo di rappresentazione, non più impron­ tato alle leggi ottico-fisiche, non lasciano tracce nella cultu­ ra figurativa valdostana, che rimane fedele alle posizioni accademiche e ad una tematica legata alla famiglia, al pae­ saggio circostante, al lavoro contadino, in una parola al mondo tradizionale. Salvo rarissimi casi, primo fra tutti quello di Italo Mus, con­ tinua ad essere, come nel secolo precedente, un'arte che non comunica con l'ambiente figurativo contemporaneo, quando poi non è destinata ad una limitatissima fruizione, come dimostra il fatto che alcuni pittori, non ultimo Amedée 23 Berthod, non hanno mai - o quasi mai - esposto le loro opere. Questo ripiegamento nostalgico caratterizza tutta la cultura valdostana per molti decenni dalla fine dell'800, rispecchian­ do il tentativo di salvare la propria originalità minacciata dai troppi rapidi processi di modernizzazione cui è sottoposta so­ prattutto a partire dal primo dopoguerra e da un sempre più duro ed esplicito attacco alle istituzioni locali, radicalizzato durante il fascismo. Non è dunque il significato che rivestono all'interno dell'e­ voluzione artistica, il criterio in base al quale vanno valutati i dipinti in mostra, ma è soprattutto il valore storico e cultu­ rale che li accomuna, indipendentemente dal livello quali­ tativo. Itineranti per vocazione o per necessità, come in tutte le re­ gioni dell'arco alpino, dediti alla pittura per tradizione di fa­ miglia, per diletto o per mestiere, i protagonisti di questa rassegna offrono la testimonianza viva di un mondo ormai consegnato al passato, sempre vissuto con un impegno mo­ rale rigoroso ed una grande dignità, al quale corrisponde un impegno altrettanto serio nel lavoro pittorico. Nei loro quadri ci sono gli uomini, i notabili, gli esponenti del clero, le guide alpine, i contadini al lavoro, ma ci sono anche le donne, nerbo della società tradizionale valdostana, forti ed austere, talvolta malinconiche, con quel tanto di asprezza che getta una luce sulla dura vita quotidiana, c'è poi la devozione del mondo contadino, con i suoi santi invocati a proteggere la terra, il raccolto e il focolare domestico dalle forze indomi­ te della natura, e ci sono infine quei paesaggi montani che ripropongono un dialogo continuo fra le oscure cime, le nevi ed i ghiacci e nei quali risiede ormai un elemento imprescin­ dibile della coscienza collettiva della Valle d'Aosta.

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